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20.11.2025

La puzzetta nel vino tra stile e difetto

Nel mondo del vino esiste un tema che continua a far discutere: la presenza della cosiddetta puzzetta, un insieme di sentori che rimandano alla riduzione o a note animali.

Per la scuola enologica classica si tratta di una deviazione da limitare, mentre per alcuni produttori moderni diventa quasi un elemento identitario, un segno di spontaneità e di vinificazione poco interventista.

Durante fiere e incontri capita sempre più spesso di vedere vini che, appena versati, mostrano aromi di fiammifero spento, lana bagnata o stalla.

Di fronte a queste note, alcuni produttori invitano ad aspettare, assicurando che il vino si aprirà con l'ossigeno.

Per loro questi tratti non rappresentano un difetto, ma la prova che il vino è vivo e libero di esprimersi senza filtri.

La questione però non è così semplice.

Una lieve riduzione può effettivamente svanire e contribuire alla complessità del sorso, ma quando il sentore copre il frutto o domina la scena, si entra in un territorio diverso, fatto di squilibri e scarsa precisione tecnica.

Il rischio è che la narrazione romantica trasformi una fragilità in un vanto.

Per chi degusta è fondamentale sviluppare un approccio equilibrato.

Saper riconoscere le sfumature è utile, ma non si deve cadere nella tentazione di giustificare ogni deriva in nome dell'autenticità.

Allo stesso tempo, pretendere vini completamente privi di carattere rischia di cancellare la diversità stilistica che rende affascinante il panorama enologico attuale.

La puzzetta resta quindi un confine sottile, un punto in cui tecnica e filosofia produttiva si incrociano.

Comprenderla significa accettare la varietà, ma anche mantenere lucidità nel valutare ciò che arricchisce un vino e ciò che invece lo impoverisce.

Articolo a cura della Redazione.

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